Le elezioni politiche del 4 marzo 2018 si avvicinano e il polverone mediatico sulle varie fazioni politiche resta ancora molto attivo. Non amo parlare di comunicazione politica ma questa volta ho deciso di farlo perché ho letto talmente tanti errori e tra fake news, bot e scivoloni degli aspiranti premier, ho perso la voglia di seguire la campagna elettorale.
Sono tante le note stonate. Le affermazioni infondate che dilagano sul web sono solo una parte della comunicazione sbagliata di queste elezioni. Trovo tutto molto noioso e banale, nella grafica e nella comunicazione testuale. Testi ridondanti con parole riprese qua e là, per nulla vincenti. Messaggi e linguaggio sottotono: i politici scelgono di raccontarsi senza pensare veramente ai cittadini, attaccando gli altri schieramenti; lavorano pensando solo al consenso. I cittadini sono all’ultimo posto, considerati solo come contenitori a cui propinare un messaggio o uno slogan, soggetti passivi di una comunicazione che dovrebbe portarli in prima linea.
Le strategie di comunicazione della campagna elettorale
La prima cosa diversa rispetto al 2013 riguarda i video su facebook, che hanno sostituito gli spot elettorali del passato, perché più economici e più immediati ma anche più dispersivi. Sono diminuiti i manifesti affissi per le strade – credo per natura economica – e il materiale elettorale è stato criticato su vari fronti.
Chi ha seguito la comunicazione politica della campagna elettorale ha lavorato male, non ha studiato delle tecniche di copywriting efficace per portare al cittadino un messaggio vero, che rappresenti l’idea politica del rappresentante.
Altra cosa sbagliata: troppa attenzione alle bugie, le fake news. Se ogni partito le alimenta per fare le scarpe ai concorrenti, non sta pesando le parole e le parole nella comunicazione politica sono molto importanti. Possono – devono – fare la differenza ma devono anche essere ponderate, scelte con cura, sentite in prima persona e poi comunicate. In questo 2018 noto solo povertà di contenuti, in cui tutti parlano e nessuno ascolta.
Gli errori e gli strafalcioni non sono ammessi
L’attenzione non deve essere solo sul candidato, i claim non possono essere noiosi, gli errori grammaticali non sono ammessi. Alcuni esempi?
- Silvio Berlusconi ha fatto una grande gaffe con una citazione latina.
Alla richiesta sul nome del candidato presidente in caso di vittoria del suo partito, Silvio Berlusconi ha risposto: “Sarà assolutamente un uomo. Non posso dire ancora il nome, perché ho un patto d’onore con il candidato de cuius“.
“de cuius” è una ellissi della locuzione latina “is de cuius hereditate agitur” , che si traduce con “colui della cui eredità si tratta” e si riferisce a un’eredità lasciata da un defunto. - Luigi Di Maio sbaglia i congiuntivi.
Durante una trasmissione, il candidato premier del Movimento 5stelle ha detto: “Io da sempre ho sempre detto che, il Movimento ha sempre detto che noi volessimo fare un referendum sull’euro“.
What’s??? - Risparmio di apostrofi per Francesca Barra.
Lei ha giustificato l’errore dando la colpa al grafico ma noi copywriter grammarnazi (non è vero, io in verità non lo sono) l’abbiamo notato. La foto elettorale dell’esponente del Pd Francesca Barra risulta senza un apostrofo: “Un opportunità”.
Brutto, molto brutto.
- Lo slogan di Matteo Ricci che prende fischi per fiaschi.
In una foto apparsa sui social con l’immagine del candidato Matteo Ricci, Renziano, lo slogan pubblicato è: “Una squadra di candidati competenti. Adesso #avanti fino alla vittoria. Rimbocchiamoci le mani” anziché “rimbocchiamoci le maniche”.
Terribile, riesco a dire solo questo.
A prescindere dagli errori, in queste elezioni 2018 ho notato che si è pensato molto al risparmio, il che è sempre sbagliato, perché poi i risultati si notano.
Come si struttura una campagna politica che lavora sulle tecniche di copywriting
Lavorare sulle parole è la prima strategia che bisogna adottare quando si struttura una campagna di comunicazione. Ecco alcuni consigli utili per lavorare più sul linguaggio che sul messaggio finale da veicolare.
Più chiarezza, più semplicità nei messaggi
Il popolo ha bisogno di chiarezza. Deve leggere un messaggio e capirlo senza fatica. I luoghi comuni, le frasi fatte non solo banalizzano il concetto che si racconta ma lo indeboliscono tanto da renderlo noioso. Ecco perché bisogna lavorare sui concetti, semplificare il linguaggio, scegliere ogni parola con cura.
Sì ai social network ma con criterio
Daniele Lombardi, digital e social media strategist toscano, ha scritto su Facebook un post che condivido:
“Stiamo vivendo la più triste campagna elettorale di sempre, non solo dal punto di vista dei contenuti, ma anche dei contenitori, ovvero dei modi di utilizzare i media e i new media per trasmettere le proprie idee, le proprie visioni e i propri valori. Al posto della professionalità si è preferito utilizzare l’approssimazione, al posto della trasparenza si è preferito l’opacità, al posto della gentilezza si è preferito inseguire l’odio e l’ignoranza dei leoni da tastiera. Meme populisti, foto ritoccate, fake-news, manifesti con modelli sloveni (per parlare degli italiani): la lista degli orrori (ed errori) comunicativi, è lunga, trasversale e variegata.”
Riporto questo post di Lombardi perché spiega bene un aspetto importante dello strumento social. Scrivere bene sui social è importante, non solo per lavorare sulle tecniche di copywriting efficace ma per parlare alle persone un linguaggio che rispecchia l’idea politica di chi scrive.
I social mostrano l’anima delle persone. Puoi camuffare la tua indole, far vedere di essere “altro” ma poi, grazie a parole, stati e condivisioni, uscirà fuori la tua personalità, quella reale. Per questo un candidato alle elezioni dovrebbe – deve – mostrare programmi e idee sui social come se parlasse alle persone in qualsiasi altro ambiente, senza maschere o inganni, con una comunicazione pulita e VERA.
Ascoltare le parole e leggere con attenzione
I politici sanno che le parole si possono leggere ma anche ascoltare? Che hanno un suono che racconta, che il loro ritmo può cambiare le sorti di un testo? Bisogna evitare il pressappochismo, lavorare dando a ogni testo un’anima. Non importa se si tratta di uno slogan politico da pubblicare sui social o di un manifesto che dopo un mese si dimenticherà. Impariamo tutti ad ascoltare le parole.
Comunicare con testi credibili
Altro aspetto importante. Se è vero che in politica si è famosi per promettere e non mantenere, vale ancora la regola che bisogna comunicare con parole credibili, senza false promesse o inganni per i cittadini.
Dare spazio al lettore
Infine, ma non meno importante: il lettore è sempre al primo posto, nella comunicazione politica ma in ogni campagna comunicativa che si rispetti. Non è più ammissibile immaginare il cittadino come un contenitore a cui rifilare qualsiasi informazione senza criterio. Una buona campagna deve ragionare su testi che parlino al lettore e che siano a lui indirizzati. Per davvero.